giovedì 9 giugno 2011

Cambiamenti...

Volevo chiedervi scusa per i miei silenzi. Ho avuto un po' di problemi a riorientare la mia vita, perché ho scoperto che ora ho bisogno di un'impostazione molto diversa. Forse inizio a capire come funziona. Vi chiedo scusa per i momenti di ansia, e se ancora adesso ho momenti in cui mi allontano da voi. Apprezzo la vostra pazienza. Vi voglio bene. Un abbraccio grande a tutti voi.

mercoledì 11 maggio 2011

ARIA

In questi giorni di linfoma in progressione (lieve), bronchite e nuovi farmaci, sto facendo un'esperienza particolare: mi sto rendendo conto di quanto sia importante l'aria.
Quante volte mi è capitato di vedere pazienti in "fame d'aria": per l'asma, per l'edema polmonare... che brutta sensazione! Già soltanto a vederla negli altri.
Ma respirare giorno dopo giorno, ora dopo ora, con cautela per non scatenare la tosse... far fatica a dormire, camminare, parlare, cantare... era un'esperienza che ancora mi mancava. Non invidio gli asmatici.
E il pensiero va anche alle cose che desideriamo, o che spesso diamo per scontate, proprio come l'aria: l'affetto delle persone a cui vogliamo bene, il lavoro e la sicurezza... Se desiderassi Dio come desidero l'aria, come sarebbe la mia vita?


sabato 23 aprile 2011

Silenzio

Oggi è Sabato Santo. Il giorno del Grande Silenzio.
Mi ha sempre fatto un po' impressione quando, gli anni scorsi, entravo in chiesa il Sabato Santo. Il tabernacolo aperto, vuoto. Non sai neanche verso cosa pregare, tantovale pregare a casa o per la strada.
Quest'anno è particolare. Mi risuona nelle orecchie la dottoressa che mi diceva il risultato della mia biopsia midollare: "Il midollo è vuoto..."
Eppure ora sembra che le cellule del donatore, chissà perché, riprendano a funzionare. Non faccio trasfusioni da tre settimane...
E così quel tabernacolo vuoto, che stasera si riempirà di vita nuova.

Ho fatto e sto facendo silenzio, nel blog e non solo, in questo mese che sono a casa.
Tante cose da imparare di nuovo. Fatica. Piccole conquiste, che poi tanto piccole non sono: alzarmi da sola, camminare un po'... Convivere col limite e dipendere da altri per cose fondamentali, e al tempo stesso cercare di ricostruire pian piano la mia autonomia. Timidamente, ogni tanto, pensare al futuro un po' più lontano, progettare, immaginare...
Alcuni mi dicono che mi vedono "un po' giù". Può essere. Può essere lo strascico della fisiologica depressione che mi è venuta quando, dopo tre mesi di ospedale, sono tornata a casa ("Ma non dovresti essere contenta?": certo, ma non dipende da me...). È vero, non ho l'entusiasmo e forse neanche la serenità che avevo prima del ricovero. Oltretutto quando il corpo non è in forma anche l'umore ne risente. Credo che sto vivendo il "mio" silenzio. Quel tempo sospeso, in attesa che arrivi il momento della Resurrezione. Sta arrivando, pian piano. Ma per ora il silenzio va bene, mi piace, è caldo, accogliente, tranquillo. Lasciare che le cose facciano il loro corso con i loro tempi, che non sono i miei.
Preparandomi, pian piano, a iniziare anche io una vita nuova.
Buona Pasqua a tutti!

mercoledì 23 marzo 2011

Il sole sulla collina

Da qualche giorno riesco ad alzarmi in piedi, fare qualche passetto (sempre con l'aiuto di qualcuno) e stare seduta sulla comoda, che poi quando la uso io è solo una normale sedia coi braccioli, forse un po' più alta e a cui aggiungo anche un cuscino visto che dopo tre mesi il mio sederotto non è più abituato a giacere su superfici rigide. Riesco a starci per periodi limitati (la schiena ha risentito dei tre mesi a letto) ma sempre più lunghi: preparazione per poter stare un po' a lungo in giro in carrozzina e, soprattutto, rafforzare la muscolatura e riprendere a camminare. Così anche se a letto sarei molto più comoda stringo i denti e sto qui seduta.

Guardo dalla finestra. Il mio reparto è dalla parte di via Genova, quindi tra qui e il Po e collina c'è di fatto tutto l'ospedale. Però siamo al quinto piano e nessun'altra palazzina dell'ospedale è così alta, quindi dalle finestre vedo una distesa di tetti e poi la collina; sulla sinistra, piccola piccola, si vede addirittura la basilica di Superga. C'è il sole oggi. Neanche una nuvola.
Tra me e la collina tutti questi tetti con sotto malati, infermieri, medici, gente che soffre o muore, gente che si fa tranquillamente gli affari suoi, studenti e specializzandi... Al di là, la vita "normale", uffici e negozi, si vede l'enorme insegna della SAI, immagino il traffico, la gente che lavora o fa la spesa, le mamme coi passeggini, gli studenti nei giardini del Valentino...
Tra poco andrò a casa. Porterò queste immagini e sensazioni con me. Ma senza rimpianti. Non vedo l'ora di andare a casa. Di tornare anche io ad avere una vita normale, l'incontro con gli amici, uscire quando vuoi, dormire nel tuo letto. Ora tutto questo è a portata di mano. Continuerò a vedere la collina di Torino, un po' più lontana, ma il mio orizzonte sarà la collina di Rivoli e il suo castello, e dietro le montagne e il Monviso ancora tutti bianchi, con dei tramonti che tolgono il fiato.
Sono contenta ci sia il sole in questi giorni. È bello iniziare le fasi nuove della vita sotto il sole.

sabato 19 marzo 2011

Il nostro posto non è sulla sommità del monte Tabor ( Don E. Tessore)

Dopo averci invitato, nella Liturgia della prima domenica di quaresima, ad affrontare con coraggio le tentazioni, la Parola di Dio ci esorta, oggi, a salire sul Tabor per contemplare la persona del Cristo scrutando e meditando il mistero della sua Trasfigurazione.
Non si tratta di un'impresa facile da parte nostra. don bosco era solito dire che in Paradiso non si va in carrozza.
A Gesù non ci si avvicina tra feste e bagordi, ma solo passando sotto le forche caudine della disciplina, della voglia di camminare, della capacità di coltivare ed apprezzare il silenzio da riempire con la preghiera, del distacco da tutto ciò che pretende di ingessarci nell'immobilismo o di surgelarci in tradizioni fatte di niente e dell'ascesi della coerenza della condotta.
La Scrittura di questa domenica a ci presenta alcuni personaggi a cui ispirarci per vivere bene la Quaresima: Abramo, Paolo ed i tre apostoli Pietro, Giovanni e Giacomo. Abramo è il nostro padre nella fede. Viveva tranquillo e beato nella sua Ur circondato dalla stima dei suoi conoscenti godendosi un'agiata ricchezza fatta di armenti e di vaste proprietà terriere. Le sue ancestrali divinità lo proteggevano non lasciandogli mancare nulla. L' incontro con Jahweh, il Dio vivente, gli rovina l'esistenza: "Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che ti indicherò".
Santuario della Madonna di Oropa
E' lo sradicamento più radicale. Dio non ammette commistioni affettive ed esistenziali che tarpino la nostra libertà. Il cuore indiviso è il prerequisito ineliminabile della fede. Ci sarebbe più di un motivo per mandare Dio a spasso e continuare a vivere beatamente la propria quotidianità che, anche se non assicura la piena felicità, almeno garantisce una vita senza eccessivi patemi d'animo. Abramo non discute. Semplicemente accoglie l'invito e parte verso l'ignoto fidandosi delle promesse divine. E' facile intessere panegirici sul comportamento di Abramo, è difficilissimo imitarlo.
Quanti di noi, preti, frati e monache in prima linea, sono disponibili a dare un calcio alle loro sicurezze terrene, tanto vituperate a chiacchiere, per prendere il largo verso nuovi orizzonti fatti di solidarietà, condivisione, nuovi modi di relazionarsi e di vivere? Paolo, nella sua seconda lettera a Timoteo, evidenzia un altro amaro aspetto che deve caratterizzare l'autentica persona di fede: la capacità di soffrire per il Vangelo certi solo dell'aiuto che proviene dalla forza di Dio. Assetati di applausi e di riconoscimenti come siamo, spesso ci illudiamo che il bene che compiamo sia esclusivamente dovuto alla nostra augusta persona.
Quanti coccodè e chicchirichì fanno da sottofondo allo pseudo annuncio del Vangelo. Quanti Eminentissimi, Eccellentissimi, Reverendissimi e Reverendissime svolazzano a starnazzano nei presbiteri e nelle sacrestie e quanti pochi Pietro, Giovanni e Giacomo che arrancano dietro il veloce ed agile passo di Gesù lungo la ripida ascesa del Tabor della coerenza e della credibilità!
Quanti tsunami di inutili ciance si sono abbattuti sulla trasparente semplicità del messaggio evangelico…Quello che meraviglia e spiazza in Gesù è il fatto che non richieda ai suoi apostoli la santità: Pietro è un testone, fifone e traditore; Giovanni e Giacomo sono due incalliti arrivisti assetati di potere e di posti collocati in bella evidenza per essere da tutti ammirati. Se ad essi aggiungiamo lo scettico Natanaele, l'avido Matteo, l'incredulo Tommaso, il traditore Giuda, dobbiamo concludere che la sua compagnia non era costituita da candide verginelle.
Eppure tutti, tranne uno, trovarono dentro di sé il coraggio di fidarsi di questo misterioso, ed a volte incomprensibile ed inquietante Messia, e di partire per seguirlo su cammini che li portarono molto lontano sulle strade del mondo fino a pagare con la vita, eccettuato Giovanni, il loro incondizionato amore a Cristo e la loro più totale dedizione a Lui.
La Trasfigurazione non possiamo trasformarla in una specie di "canna" spirituale che inebria e riempie di benessere e di felicità apparente. Il nostro posto non è sotto le tende piantate sulla sommità del monte Tabor per goderci la tranquillità e respirare beatamente a pieni polmoni. Dobbiamo discendere dal cocuzzolo e, diversamente da quanto raccomandato allora da Gesù, abbiamo l'obbligo morale di testimoniare con la vita, e gridare a tutto il mondo, il fatto storico che Lui è "risorto dai morti".
Se non lo facciamo, molto presto, non saremo altro che pula che il vento disperde e che la storia archivia nei polverosi scaffali dell'oblio.

D. Ermete TESSORE sdb
da: http://www.donbosco-torino.it

sabato 12 marzo 2011

Rompo il silenzio...

Dopo tanto tempo di silenzio, torno a scrivere proprio nel tempo del silenzio.
Le vie del Signore, a quanto pare, non sono le nostre vie. Non quelle che immaginiamo: un tranquillo trapianto, convalescenza a casa e poi i controlli.
Complicanze. Graft precoce, trapianto che non attecchisce, aplasia prolungata, polmonite bilaterale, autotrapianto, pneumotorace...
Mi riprendo pian piano. Di intere settimane non ho quasi memoria, sensazioni confuse, affanno e dolori e insieme una serenità che non so dire. Mai mi sono sentita sola. "Ora e nell'ora della nostra morte", mi dicevo: se sto per morire Maria è qui. E non era una brutta sensazione.
Poi pian piano è tornato il "mondo". Ma quanto diverso! Diverso perché sono cambiata io.
Tempi lunghissimi e complicanze. Mi sento lontana dalle "fonti" che mi hanno sempre dato forza, e sono sempre più convinta che a sostenermi sia la preghiera di tutti quelli che pregano per me, perché io sono davvero tanto, tanto stanca.
Mi rendo conto che la mia vita è cambiata davvero. Difficile tornare alle forze di prima. Mi ritrovo a dover reimparare tutto: stare in piedi, andare in bagno, camminare... figuriamoci fare la vita frenetica di prima!
"Il Signore ha dato, il Signore ha tolto: sia benedetto il nome del Signore!"
Il Signore chiede: ma non sappiamo cosa. Prego (prego?) perché i limiti che vivo mi aiutino a vivere il vero senso della Quaresima, ma non so se lo sto facendo davvero o superficialmente. A volte vado solo avanti, un giorno e poi un altro, aspettando che alcune parti del mio corpo migliorino abbastanza da potermi permettere di migliorare le altre e andare a casa. Convalescenza. Sembra una cosa lunghissima, faticosissima e lontanissima.

Mi ritrovo a dover rimotivare, di nuovo, la mia vita e la mia voglia di guarire. A dover fare nuovi progetti, sapendo perdipiù che sono del tutto ipotetici, perché il linfoma è sempre lì.
Mi sembra, come sempre, che questa sia la cosa per me più difficile: aspettare. A chiedere aiuto e adeguarmi ai cambi di programma ormai ho quasi imparato. Ma aspettare, e imparare con pazienza, è difficilissimo per me.

Ogni tanto mi demoralizzo un po'. Tutti subito a cercare di "tirarmi su". Io credo sia normale avere alti e bassi di umore, nella mia situazione e coi farmaci in scalo. Ma spero anche io che mi torni la voglia di fare, lottare, combattere. Nel frattempo, abbiate pazienza se non sono, come prima, vivace o piena di grinta o ... Datemi tempo. Work in progress – Lavori in corso: prima o poi sarà molto meglio.